Giardini della Biennale: Padiglioni, La Zona, Ritardi e Rivoluzioni

Veronica Caliendo
WONDER Supplemento n. 4 (17 Giugno 2003) del
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte
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Anna de Manincor, Bebe at 9th month Carol Rama, Appassionata

La vitalità di molti padiglioni, le performance esterne e le due mostre (Ritardi e Rivoluzioni, La Zona), hanno trasformato i Giardini della Biennale nel "cuore pulsante" di questa edizione. Lo scandaloso lavoro di Chris Ofil al padiglione della Gran Bretagna, il divertente ed interattivo "gioco" di suoni ed acqua di Rurì al padiglione Islandese, i sette stiliti di C. Schlingesief appollaiati su colonne d'albero proprio all'ingresso dei Giardini, il tutto in un crescendo di proposte interessanti.

Da non perdere il lavoro Against order ? Against disorder ? di M. Rovner che coinvolge il padiglione israeliano sin dall'esterno, riflettendo sulle questioni del mondo attuale: il rapporto tra uomo e bio-tecnologie, la clonazione, il nuovo ordine mondiale. Le medesime figure ruotano all'infinito su loro stesse (More), si miniaturizzano trasformandosi in materiale da analisi, "molecole" in piastrina da coltura da laboratorio (The Zone) fino alla catena di 30.000 figure che scorrono e marciano continuamente sulle pareti della sala.

Non mancano le novità, con la presenza del Kenya, primo paese dell'Africa nera, rinforzata dalla sezione Smottamenti/Fault Lines dedicata all'arte africana. Prima volta anche per l'Iran, e presenza della Palestina con l'installazione dell'architetto Sandi Hilal: i grandi passaporti che popolano i Giardini affrontano il problema dell'identità palestinese. E non mancano anche polemiche e contestazioni, con la defezione della Cina (causa SARS) e il caso Venezuelano. Javier Tellez, già designato per Venezia è stato sostituito da Pedro Morache perché aveva contestato con l'arte il suo paese, spaccato a metà dalle divisioni politiche. Tellez è venuto a Venezia ugualmente e per protesta ha "ingabbiato" il padiglione venezuelano di un gigantesco striscione di denuncia tra l'imbarazzo dell'organizzazione e del paese stesso.

RITARDI E RIVOLUZIONI è la mostra curata da F. Bonami e D. Birnbaum, sottolinea il carattere in cui vive l'arte contemporanea: «uno stato di apparente rivoluzionarietà e a volte, di ritardi. È l'eterno tentativo dell'artista che vive nella contemporaneità di essere in sintonia con l'attualità, il presente». Bonami.
Così la mostra propone produzioni più recenti a fianco ad alcune opere dagli anni '60 ai '90, con una doppia proiezione giovanile di Andy Warol e un'importante installazione del 1973 di Dan Graham. I disegni e le opere dell'artista italiana Carol Rama (Leone d'Oro di questa edizione) sono tristemente sacrificati in una parete, affiancati tra l'altro da un inedito Matthew Barney. Ritardi e Rivoluzioni tenta dunque di «tracciare i nessi e i legami tra diverse generazioni di artisti, per compilare una breve storia della trasformazione».

LA ZONA a cura di Massimo Gioni (direttore della Fondazione Trussardi di Milano) nasce come installazione, sviluppandosi in spazio espositivo. Contenitore e contenuto, La Zona è uno spazio effimero, "leggero" anche per i materiali scelti (legno e vetro), un edificio temporaneo che ospita giovani artisti italiani ma che si trasforma in spazio di incontro e di transito. L'architettura è progettata dal Gruppo A12 come territorio attraversato da tensioni opposte, in cui i giovani artisti (Alessandra Ariatti, Anna De Manicor, Micol Assael, Diego Perrone e Patrik Tuttofuoco) giocano con diversi linguaggi per creare uno spazio di confronto, una piattaforma di dialogo per una generazione instabile.



Fotografie

Anna de Manincor, Bebe at 9th month, 2001
photographic composition
Foto cortesia Ufficio Stampa Biennale

Carol Rama, Appassionata, 1941
water-colour on paper
32 x 43 cm
Foto cortesia Ufficio Stampa Biennale